Intervista doppia: Lorella Agnoletto e Stefano Spessotto - Lorella
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Intervista doppia: Lorella Agnoletto e Stefano Spessotto

È il duo di designer che vanta la più lunga collaborazione con Cerasa. Hanno portato l’azienda alla sperimentazione di nuove e ingegnose soluzioni che hanno modificato, nel tempo, il concetto di sala da bagno proposto dal brand. 
Abbiamo rivolto loro alcune domande per sapere come pensano e come immaginano la stanza da bagno e non solo.

Per lei il bagno è…

Stefano Spessotto: Mah, dipende. Il bagno padronale è lo spazio privato per eccellenza. Poi c’è il bagno degli ospiti dove, a seconda del proprietario, l’aspettativa è variabile. Esternare la propria personalità per alcuni, risparmiare per altri, il che è sempre un modo per manifestare il proprio carattere.

Lorella Agnoletto: Un rifugio, un ambiente dove prendersi cura di se stessi.

Un rifugio, un ambiente dove prendersi cura di se stessi

Cosa le avrebbe fatto piacere disegnare?

S.S.: Avrei voluto disegnare oggetti di più larga diffusione e paradossalmente oggetti unici, pezzi esclusivissimi. Non c’è un ambito che mi attrae maggiormente dell’arredamento, pertanto credo, che più che altro, avrei voluto disegnare in un’altra epoca. Forse quella della Bauhaus, quando da una visione artigianale ed esclusiva del mobile, con prepotenza si passava ad una nuova visione industriale e di massa.

L.A.: Mi sarebbe piaciuto disegnare pezzi dalle forme più antropomorfe, meno legate alla rigidità del mobile. Pezzi storici e iconici come i vasi di Alvar Aalto o le varie sedute di Harry Bertoia per Knoll.

Qual è l’elemento che rende riconoscibile il lavoro dello studio Dedalo?


S.S.: Ci sono alcuni progetti che nel tempo ci hanno resi in qualche modo riconoscibili. Il problema è che a mio avviso, i progettisti si dividono in due categorie: quelli che “decidono” il loro segno a priori e quelli che “scoprono” di averne uno nel corso della loro carriera, in un preciso e unico periodo di essa. Personalmente, tendo a cercare sempre, in un equilibrio di forme funzionali, qualcosa che sorprenda, che “rompa” quell’equilibrio pur facendone parte.

L.A.: Un design molto concreto, che rispetta e assolve bene la funzione per cui l’oggetto è stato progettato ma che non tralascia mai il fatto che ci sia un segno esclusivo così da renderlo riconoscibile. Il lavabo Taki o il lavabo Smart, se ci penso così su piedi, rientrano perfettamente in questa visione.

Da dove parte per disegnare un mobile per il bagno?


S.S.: La risposta è più banale di ciò che si potrebbe pensare: dal mio sentire futuro in relazione a ciò che ho visto, conosciuto e di cui ho fatto esperienza. Non c’è una modalità operativa. Spesso un’idea appare senza nemmeno tirare una riga. Il bagno è un sistema complesso, contenitori, lavandini, rubinetti, lampade, specchi ed ora, sempre più spesso, è un progetto trasversale che coinvolge sanitari, vasche e docce. In questo caso si parte proprio da un concetto base, legato a uno stile. Da lì si cominciano a tracciare le prime linee che, per coerenza, caratterizzeranno tutto l’arredo. Normalmente parto dal lavandino, centro nevralgico della vita in bagno: ci si rasa, ci si profuma, ci si lavano i denti, il viso e molto altro ancora.

L.A.: In primis raccogliendo le esigenze del committente, rispetto a ciò che vorrebbe raggiungere come obbiettivi attraverso quel prodotto (consumatori, mercati, pubblicazioni…) e poi analizzando quelli che sono gli stili e le suggestioni che arrivano in quel momento dal mercato, per tracciare una linea, dai contenuti estetici e funzionali, che il prodotto dovrebbe avere secondo le nostre elaborazioni e sensazioni.

Il suo materiale preferito?


S.S.: Oggi sto riscoprendo il marmo ma più che da un materiale sono attratto dagli accostamenti, dalle armonie o dai contrasti: caldo/freddo, chiaro/scuro.

L.A.: Amo i materiali naturali e le superfici materiche com il legno e la pietra.

In una società globale, dominata dalla produzione in serie, il lavoro artigiano è un ingrediente essenziale secondo lei?


S.S.: Al fine di mantenere le tradizioni sì ma, da un punto di vista qualitativo, credo sia indifferente. Nell’epoca della customizzazione parlare di pezzo unico, perché artigianale, non ha più senso. Apple, Nike – solo per citare due multinazionali – ti permettono di avere il tuo oggetto personalizzato. Robot superautomatizzati e stereofotografia da modellazione 3D consentono di avere pezzi unici talmente complessi che farli fare da un artigiano non sarebbe conveniente. Queste tecnologie sono di fatto la nuova artigianalità e, in quest’ottica, più che un ingrediente essenziale è un ingrediente “essenzialmente derivato”.

L.A.: è una componente fondamentale: se attraverso il lavoro artigiano creo un dettaglio o un pezzo unico e irripetibile che valorizza il prodotto, che difficilmente potrei ottenere lavorando a macchina, allora il lavoro manuale ha un senso e soprattutto può esserne riconosciuto il valore, anche economico.

Com’è nata la collaborazione con Cerasa?


S.S.: Curavo la comunicazione dell’azienda e osservando la carenza di argomentazione che all’epoca offriva questo settore ho proposto all’azienda un prodotto originalissimo: Flut. Lavabo più mobile da 95 cm quando, nel mercato, c’erano solo lavandini da 65 cm. L’azienda si è trovata in brevissimo tempo a veder crescere esponenzialmente il proprio fatturato. Da allora ho serpe disegnato per Cerasa.

L.A.: Ho iniziato a progettare per Cerasa collaborando con Stefano Spessotto il giorno in cui si è compreso che il bagno non è uno spazio “asessuato”. Direi che il bagno è prima “femmina” e poi “asessuato”, anche se il nome è al maschile!

Vista l’ampia gamma di prodotti firmati per Cerasa e il rapporto di lunga data che vi unisce, cosa rappresenta l’azienda per lei?


S.S.: Sono molto legato a quest’azienda. Ha rappresentato l’inizio della mia carriera e grazie ad essa, tuttora ho ha possibilità di sperimentare strade poco battute. è da sempre un’azienda che ha creduto nell’innovazione e nella ricerca sviluppando progetti complessi e per certi, aspetti rivoluzionari.

L.A.: Per me Cerasa è una sorta di partner, di compagno con cui condividere sogni, progetti e obbiettivi.

Quale delle collezioni Cerasa è stata una vera sfida in fatto di estetica, funzionalità e materiali scelti? Quella dove qualcosa definita come “impossibile” è poi diventata realtà?


S.S.: Ci sono tre soggetti che ci hanno impegnato non poco, il mobile Maori è realizzato in bamboo e la difficoltà di lavorare questo legno (lo fa solo Cerasa) ci ha imposto tecniche inusuali perché l’anta era realizzata in folding. La fibra si rompeva e questo è stato risolto utilizzando una tecnica ad hoc. Poi ci sono i lavandini Cus e Avila che hanno richiesto – all’epoca – una soluzione di stampi siliconici con la resina acrilica (materiale di cui è fatto il lavandino), tecnica che non era mai stata sperimentata fino a quel momento. Le forme di questi lavandini oggi sono senz’altro più comuni. Quando li abbiamo progettati, sembravano davvero non fattibili. Solo la passione e la costanza dell’ufficio tecnico di Cerasa ne ha permesso la messa in produzione.

L.A.: Personalmente, da quando sono coinvolta nella progettazione della modellistica Cerasa, quello che ha rappresentato una vera sfida estetica è stato Free. L’ambizione era calare un carattere vintage in un prodotto attuale proponendo modularità e componibilità “grafiche” nella realizzazione delle composizioni. Il tutto lavorando materiali meno nobili ma più competitivi.

Cos’è il bagno oggi e come immagina quello del futuro?


S.S.: Il bagno di oggi è, in linea di massima, ciò che è sempre stato. Mi riferisco evidentemente alla “sala da bagno”, certamente non alla latrina in cortile! In futuro sarà ancora la stessa cosa: un luogo intimo dove dedicarsi alla cura del proprio corpo. Qualcuno lo potrà fare in uno spazio ampio, magari relazionato ad altri ambienti della casa per vivere l’esperienza dell’amarsi in maniera più totalizzante (living, camera, esterno), mentre, la maggior parte di noi mortali, in uno spazio più piccolo.

L.A.: Credo che il bagno sia sempre più uno spazio “privato” dove estetica e funzione debbano trovare il giusto equilibrio. Quest’equilibrio sarà sempre estremamente variabile e in grado di adattarsi allo stile di vita che volenti o no, sarà sempre più veloce. Direi che la comodità di utilizzo quotidiano e di pulizia rappresenteranno sempre una discriminante fondamentale.